Il nostro pomodoro non piace ai caporali

La filiera etica del pomodoro che coltiva diritti e futuro

LA LAVORAZIONE DEL POMODORO

I principali paesi produttori di pomodoro nel mondo sono gli Stati Uniti, seguiti dall’Italia e dalla Cina, che insieme coprono il 56% del totale.
(Fonte: Dati Ismea – agosto 2019)

L’Italia è il secondo trasformatore mondiale di pomodoro dopo gli Usa e rappresenta il 13% della produzione mondiale e circa la metà del trasformato europeo, con un fatturato totale di oltre 3,3 miliardi di euro.
(Fonte: Dati Ismea – agosto 2019)

L’Italia è il primo esportatore mondiale di polpe e pelati, con una quota pari al 77% del valore mondiale, seguita dalla Spagna (5%) e dagli USA (4%),
(Fonte: Dati Ismea – agosto 2019)

FILIERA DEL POMODORO: SFRUTTAMENTO DEL LAVORO E DIRITTI NEGATI

In Italia il mercato della lavorazione del pomodoro è spesso caratterizzato da sfruttamento e diritti negati.

La filiera del pomodoro in Italia è tristemente conosciuta per lo sfruttamento dei lavoratori da parte di intermediari, i caporali, che si insinuano nelle trame della catena di valore e si arricchiscono illegalmente. Il fenomeno del caporalato colpisce le persone più vulnerabili, principalmente migranti e senza permesso di soggiorno, che si trovano in stato di bisogno e finiscono per accettare condizioni di lavoro, e di vita, estenuanti.
Le cronache nazionali raccontano storie di braccianti che vivono in baraccopoli improvvisate, fanno viaggi pericolosi per raggiungere il campo di raccolta o sono vittime di violenze e razzismo. I diritti dei lavoratori soggetti all’influenza del caporalato vengono accantonati: non vi è tutela per loro, spesso non vi sono nemmeno dei contratti.

  

430 mila sono i lavoratori agricoli irregolari in Italia.
100.000 di questi sono vittime di sfruttamento.
L’80% sono cittadini stranieri.
(Fonte: Caso Studio “Sfruttati” OXFAM-Terra, giugno 2018)

Il tasso di irregolarità in agricoltura si aggira intorno al 58%.
(Rapporto di Ispettorato Nazionale del Lavoro 2020)

In Italia i lavoratori agricoli sottoposti a grave sfruttamento non hanno alcuna tutela o diritto garantito, né dai contratti né dalla legge.

Questi lavoratori ricevono una paga che oscilla tra i 20 e i 30 euro al giorno, e un salario inferiore di circa il 50% rispetto a quanto previsto da CCNL e CPL. Lavorano a cottimo, per un compenso di 3/4 euro per un cassone da 375 kg.

Nei casi più gravi analizzati, i lavoratori migranti percepivano un salario di 1 euro l’ora. La situazione è ancora peggiore per le donne sotto caporale, che percepiscono un salario inferiore del 20% rispetto ai loro colleghi.

I lavoratori sotto caporale devono pagare il trasporto (mediamente 5 euro), e i beni di prima necessità (mediamente 1,5 euro l’acqua, 3 euro un panino, ecc.). L’orario medio di lavoro va dalle 8 alle 12 ore.

LA SOLUZIONE ETICA: LA FILIERA DEL POMODORO TOMATO REVOLUTION

La scelta di relazioni di qualità con i produttori, caratterizzata da rapporti diretti, di fiducia e trasparenza; la scelta di riconoscere il valore del lavoro e pagare un prezzo giusto, di rispettare l’ambiente, di incentivare le produzioni biologiche, di migliorare le tecniche di coltivazione tradizionali e preservare la biodiversità, sono scelte che contribuiscono a creare un pomodoro davvero buono.

Con Tomato Revolution Altromercato si impegna da anni a cercare, supportare e promuovere progetti agricoli italiani che operano con coraggio in zone a rischio di spopolamento o di sfruttamento della terra e delle persone. In tal senso fanno parte del progetto alcune organizzazioni di produttori partner nel Sud Italia, che come noi credono con orgoglio che una filiera del pomodoro alternativa sia possibile.

IL BASSO IMPATTO AMBIENTALE DELLA FILIERA DEL POMODORO ALTROMERCATO

IL POMODORO BIOLOGICO ALTROMERCATO

Un esempio di sostenibilità ambientale:
il pomodoro siccagno e il risparmio idrico

Il Siccagno è una varietà di pomodoro coltivata da piccoli produttori delle Madonie, a 800 metri d’altezza in una zona incontaminata dell’entroterra siciliano, e si chiama così perché non richiede apporto d’acqua. Le particolari caratteristiche del terreno argilloso, infatti, consentono una buona fertilità e l’autoregolazione idrica nei periodi di siccità.

I pomodori sono raccolti e selezionati a mano, maturano al sole e vengono lavorati talvolta nella stessa cooperativa che gestisce l’intera filiera.

LE ORIGINI DEL POMODORO TOMATO REVOLUTION

Le protagoniste di Tomato Revolution sono 2 cooperative di produttori del Sud Italia che raggruppano 60 piccoli produttori attivi in territori ad alto rischio di sfruttamento della manodopera:

Prima Bio è un’impresa familiare che da generazioni coltiva pomodori e ortaggi biologici lottando con coraggio in un territorio, quello del foggiano, dove la “quarta mafia” italiana e il caporalato sono presenti in modo capillare. Nell’entroterra siciliano, invece, la Cooperativa Rinascita dà lavoro ai giovani del territorio, difendendolo dallo spopolamento, e coltiva il pomodoro con metodo siccagno, cioè senza l’apporto di acqua, in perfetta armonia con l’ambiente.

Dalla collaborazione con queste realtà, nascono passate di pomodoro e sughi pronti made in Italy, buoni nel sapore e nella sostanza, perché tutelano i lavoratori e preservano le risorse idriche e il suolo dalle minacce dell’agricoltura tradizionale.

Lo sfruttamento e l’illegalità che combattiamo con Tomato Revolution, però, non si fermano soltanto nel campo dove i braccianti raccolgono il pomodoro. Dai lavoratori ai produttori, dai trasformatori ai distributori, ognuno può fare qualcosa per realizzare un cambiamento concreto lungo la filiera di produzione del pomodoro, trasformando una catena di sfruttamento in una catena di valore. 

Tomato Revolution è la tua occasione per scegliere una filiera differente. 

Noi abbiamo scelto un pomodoro che non piace ai caporali. Ora tocca a te.

Testi e immagini di Altromercato

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